Oltre due milioni di interventi nel 2011, quasi il doppio rispetto all’anno precedente, e un giro d’affari ufficiale che ha superato lo scorso anno i 47 miliardi di euro. È il settore della chirurgia plastica, che in Cina sta conoscendo un vero e proprio boom, destinato a crescere ancora nei prossimi anni. È quanto è emerso dal Congresso medico IMCAS China, che si è svolto nei giorni scorsi proprio a Shanghai, a cui è stato invitato a partecipare anche il presidente dell’Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe), Giovanni Botti, come portavoce dell’esperienza e della professionalità italiana: «Mentre in occidente la chirurgia plastica sta attraversando una fase di stagnazione, nei paesi orientali è in gran fermento – afferma Botti -. A trascinare il mercato è la Cina, che oggi, secondo i dati Isaps (International Society of Aestethic and Plastic Surgery) è la terza nazione al mondo per richiesta di chirurgia plastica dopo Stati Uniti e Brasile. Un risultato ancor più sorprendente, se si considera che fino a 15 anni fa gli interventi di chirurgia plastica erano limitati alla parte ricostruttiva. Ora invece sono diventati tanto frequenti da classificarsi al quarto posto fra le spese voluttuarie, dopo case di lusso, auto e viaggi di alto livello».
La Cina, oltre a essere la nazione più popolosa del mondo, sta diventando anche quella dove viene effettuato il numero maggiore di procedure di medicina e chirurgia estetica. O forse lo è già, vista la difficoltà ad avere dati precisi: «Molti interventi vengono tuttora praticati in maniera “non ufficiale” in centri non autorizzati e adeguatamente attrezzati, se non addirittura in saloni di bellezza o dal parrucchiere. – spiega il presidente di Aicpe – Questo ha causato numerosi incidenti, che hanno colpito anche personaggi dello spettacolo, tanto da spingere il governo cinese a una politica di controlli più frequenti e maggiori restrizioni. Durante il congresso di Shangai è stata sottolineata la necessità di maggior rigore sia nell’ambito della chirurgia estetica vera e propria, sia per quanto riguarda i farmaci e i prodotti utilizzati per la medicina estetica, talvolta di qualità inadeguata». D’altra parte questo genere di problemi purtroppo non è estraneo neppure ai paesi occidentali, nei quali recenti scandali hanno posto questo settore al centro dell’attenzione: «Anche in Italia, lo scopo principale di Aicpe, la nostra associazione, è selezionare professionisti in grado di effettuare interventi di chirurgia estetica con la massima competenza e utilizzando materiali di alta qualità» puntualizza Botti.
Nel congresso di Shangai è emerso come lo sviluppo tumultuoso della chirurgia estetica in Cina “sia in gran parte basato sulla convinzione, diffusa peraltro anche nei paesi occidentali, che un aspetto più piacevole possa aumentare le possibilità di trovare un partner e di avere successo nella vita professionale”. Un altro fattore che contribuisce alla mania del ritocchino cinese ha radici nella tradizione, in particolare nella fisiognomica, “una scienza antica ancora oggi diffusa, che riesce a trovare connessioni fra i tratti del viso e del corpo ed il carattere individuale. Su questa base gli esperti arrivano persino a fare anche predizioni sul futuro”.
Gli interventi. Per i cinesi essere belli significa avere tratti più occidentali. Per questo gli interventi riguardano soprattutto l’arrotondamento degli occhi a mandorla: il più richiesto è la creazione del solco nella palpebra superiore, assente in gran parte degli orientali; molto frequente è anche l’eliminazione dell’epicanto, cioè di quella particolare “briglia” che collega la palpebra al naso, presente in molti cinesi, e l’abbassamento dei sopraccigli e degli angoli esterni degli occhi. Spesso il viso viene plasmato con osteotomie (fratture) dei mascellari, che servono a conferirgli una forma più piacevole.
Ma l’intervento più curioso è la rinoplastica, che viene effettuata in Cina con uno scopo esattamente opposto a quello per cui la si fa in occidente: «Se da noi nella maggior parte dei casi si toglie la gobba, da loro la si mette. Il professor Jianxing Song, uno dei più noti chirurghi plastici cinesi, ha presentato una serie di risultati nei quali le foto post-operatorie mostravano un naso con una leggera gibbosità, molto apprezzata dai giovani orientali, mentre prima dell’intervento il naso era vagamente insellato, come sognerebbero di avere, ad esempio, alcune ragazze italiane. Per ottenere questo risultato, per noi davvero curioso, i colleghi cinesi inseriscono di solito particolari protesi, di silicone nelle regioni sud-orientali, dove la pelle è più spessa e robusta e quindi tollera di più, oppure in Medpor nelle aree del nord, dove viene utilizzata anche cartilagine autologa, prelevata dagli orecchi o dalle costole».
Per il futuro i chirurghi plastici cinesi «auspicano l’istituzione di regole più rigide, per tutelare i professionisti più preparati e di conseguenza anche i pazienti. Proprio quello che ci auguriamo anche per l’Italia» conclude Botti.