“Al tavolo delle trattativa c’è stato fin dall’inizio chi ha provato a tessere per una conclusione positiva della vertenza, e chi giocava a sfilare la tela e a strumentalizzare le posizioni differenti. E questo secondo ruolo l’hanno svolto fino alla fine l’azienda e la Confindustria locale”. E’ la denuncia forte della FILLEA CGIL di Capitanata all’indomani della decisione della Bellaria di Ascoli Satriano, specializzata nella produzione di salotti, di inviare ai 79 dipendenti la lettera con la quale si comunica l’avvio della procedure di messa in mobilità per la chiusura dello stabilimento.
Una vertenza aperta proprio con la decisione della Belluria, stante lo stato di crisi e per mancanza di commesse, di voler chiudere l’impianto realizzato nell’ambito del Patto territoriale di Ascoli-Candela-Rocchetta anche grazie a finanziamenti pubblici. E a nulla è servito lo sforzo per trovare soluzioni della task force per l’occupazione della Regione Puglia, della Provincia di Foggia, dei Comuni del Subappennino. “Proprio in sede regionale – ricostruisce l’intera vicenda Vitantonio Pasqualicchio, segretario generale della FILLEA provinciale – era stata raggiunta un’ipotesi di intesa che prevedeva il ricorso alla cassa integrazione per un numero di 50 unità, evitando la chiusura dell’impianto”.
Delle restanti 30, l’azienda aveva dichiarato non fungibili 9 unità, quindi non interessate dalla Cig. La fabbrica avrebbe continuato a produrre, procedendo ad una rotazione tra tutti quelli in Cig (escluso 5 persone, che sarebbero rimaste sempre a casa) fino ad un massimo di 21 unità. “Abbiamo portato l’ipotesi di accordo in assemblea – ricorda Pasqualicchio – dove è emerso un dissenso maggioritario tra i lavoratori rispetto ai 5 esclusi dalla turnazione e alle 9 unità non toccate dalla Cig. Allora abbiamo, sospendendo l’assemblea, deciso di tornare al tavolo delle trattative con una nuova proposta”.
Considerata la difficoltà dell’azienda di anticipare le somme per la Cig – per le quali si erano fatti avanti i Comuni della zona per coprirne quota parte – “alla trattativa, presenti il Prefetto e la Regione, abbiamo portato anche un’ipotesi di lavoro, sulla scorta di quanto realizzato in altri territori. Ovvero un accordo tre tutte le parti sociali, le istituzioni, l’azienda e con il coinvolgimento delle banche, che avrebbero materialmente anticipato le somme per la cassa integrazione. Una strada percorribile, in periodo di crisi, in tutti gli altri settori”. Ma se sulla proposta c’è stato il beneplacito di tutti, scartando l’ipotesi Comuni, “l’azienda – spiega il segretario generale della FILLEA – è rimasta ferma sulle discriminanti relativi ai 9 non fungibili e ai 5 dipendenti non in rotazione. E nemmeno la proposta del sindacato di tenere il 50% dentro e il 50% fuori, facendo ruotare tutti, è stata accolta dalla Bellaria”.
Così si è tornati in assemblea per il voto dei lavoratori, sulla scorta della vecchia proposta, che è stata bocciata con 38 contrari e 29 favorevoli. “In questo scenario riteniamo che vi siano stati atteggiamenti incomprensibili, atti solo a generare confusione, da parte di alcuni pseudo sindacalisti del territorio, che non hanno operato in linea con le proprie segreterie”. Né, per la FILLEA, “hanno aiutato a ricostruire un’ipotesi di accordo le pressioni dell’azienda su alcuni lavoratori. Che non consapevole del dramma sociale che creerà la chiusura dello stabilimento Bellaria in un’area che presenta già indici di disoccupazione drammatici, ha proceduto in ultimo a dare attuazione alla decisione iniziale di avviare le procedure di mobilità”. L’invito finale della FILLEA “è rivolto a tutte le parti coinvolte, istituzionali e sociali, a compiere ogni sforzo per evitare la chiusura dell’azienda e dare una speranza di reddito e di futuro ai 79 lavoratori e alle loro famiglie. Noi faremo la nostra parte con tutta la tenacia e la fermezza necessaria”.