La piaga delle malattie mentali e neurologiche affligge gli europei: quasi 165 milioni di persone, ossia il 38% della popolazione del Vecchio Continente, soffre di disturbi cerebrali quali depressione, epilessia, malattia di Parkinson, ictus cerebrale e demenza. 41.000.000 sono gli europei che soffrono di cefalee, 5.000.000 i casi di demenza, 3.000.000 i casi di epilessia, 1.200.000 i malati di Parkinson ed 1.000.000 gli europei colpiti, ogni anno, da ictus cerebrale.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 50% delle disabilità mondiali è dovuto a malattie del Sistema Nervoso: in Europa, il peso delle malattie neurologiche è pari al 35% della spesa sanitaria generale che, a sua volta, ammonta a 386 miliardi di Euro.
Della ricaduta delle patologie neurologiche sull’attuale organizzazione assistenziale, della complessità del sistema stesso, della formazione, della specializzazione e, più in generale, del ruolo del neurologo di domani si è discusso oggi a Roma in occasione di una tavola rotonda promossa dalla Società Italiana di Neurologia (SIN) che ha visto riuniti, da un lato, i rappresentanti della prestigiosa Società Scientifica e dall’altro, interlocutori Istituzionali e rappresentanti dell’industria farmaceutica.
Insieme, hanno dato vita ad un momento di riflessione e di dibattito sul futuro della Neurologia in Italia, alla luce delle singole esigenze e delle scarse risorse economiche, attualmente inadeguate rispetto alla complessità della “domanda” del cittadino e del suo specifico fabbisogno.
Il confronto ha preso avvio dall’osservazione di come oggi la nostra società stia vivendo una sorta di ‘rivoluzione demografica’: nel 2000, nel mondo c’erano circa 600 milioni di persone con più di 60 anni, nel 2025 ce ne saranno 1,2 miliardi e 2 miliardi nel 2050. L’invecchiamento della popolazione è tipicamente accompagnato da un aumento del carico delle malattie non trasmissibili, come quelle cardiovascolari, il diabete, la malattia di Alzheimer e altre patologie neurodegenerative e, secondo i dati elaborati dalla Federazione Alzheimer Italia, i pazienti over 80 colpiti da Alzheimer nel 2038, saranno quasi raddoppiati rispetto a quelli del 1991 (202,8 casi prevalenti nel 1991 vs i 396,3 del 2038).
“Negli ultimi 30-40 anni abbiamo assistito ad un enorme sviluppo delle conoscenze dei fenomeni patologici, degli strumenti diagnostici e delle opportunità terapeutiche – ha dichiarato il prof. Antonio Federico, Presidente della SIN – ma nei prossimi 30 anni tutte le criticità legate al forte invecchiamento della popolazione emergeranno in modo vistoso e risulteranno evidenti nuove necessità organizzative e assistenziali a cui il sistema, in generale, e noi neurologi, in particolare, saremo chiamati a far fronte.
Dovrà essere affrontato il problema dell’invecchiamento dei neurologi e della conseguente riduzione degli addetti, cui non corrisponde per il momento programmato un adeguato ricambio; dovrà essere rivisto il sistema delle competenze, poiché negli ultimi anni abbiamo assistito ad una proliferazione delle sub specialità che, sebbene abbiano permesso un aumento del livello di conoscenza, hanno tuttavia portato ad una parcellizzazione dei saperi.
Non dovrà essere sottovalutato, infine, il problema dell’organizzazione delle strutture con nuovi modelli organizzativi dove eccellenza, buona assistenza, innovazione e costi possano essere coniugati nel miglior modo possibile per raggiungere gli obiettivi assistenziali, senza tuttavia trascurare il miglioramento delle conoscenze scientifiche – ha concluso il Professor Federico – è quindi necessario ridisegnare il sistema, tenendo conto delle mutate esigenze dei cittadini, delle necessità del sistema stesso e della compatibilità economica. I neurologi vogliono essere diretti artefici di tale processo”.
Alla luce di queste premesse è indispensabile comprendere quale sarà il futuro della Neurologia ed individuare le ipotesi di Governance più adeguate. La comunità scientifica è unanime nel ritenere che la neurologia del terzo millennio sarà:
- una Neurologia dedicata all’urgenza e legata ad alti livelli di necessità assistenziale
- una Neurologia dedicata allo studio della complessità, che richiede l’integrazione tra la clinica e sofisticati laboratori di ricerca per diagnosticare correttamente le varie malattie, studiare la loro patogenesi ed aprire nuove prospettive terapeutiche
- una Neurologia delle cronicità, che richiederà al sistema di farsi carico della continuità assistenziale, e dei pazienti con patologie croniche, seguiti a livello ambulatoriale e domiciliare
“Le imprese del farmaco – ha affermato Maurizio de Cicco vice Presidente Farmindustria – sono impegnate nella ricerca e nello sviluppo di nuovi prodotti per combattere le patologie neurologiche. Cresce l’aspettativa di vita e aumenta la percentuale della popolazione anziana; diventa quindi necessario disporre di farmaci innovativi per queste malattie.
Il futuro della neurologia italiana richiede una partnership pubblico-privato integrata e un network altamente competitivo. L’obiettivo è quello di migliorare il trasferimento tecnologico delle conoscenze scientifiche nella pratica clinica.
Nell’area della neurologia è possibile e necessario rispondere ancora meglio ai bisogni crescenti dei pazienti. Una sfida che le imprese del farmaco possono affrontare anche in Italia proprio grazie ai Centri di eccellenza presenti sul territorio.
Perché questo accada, è particolarmente importante il ruolo che le Istituzioni possono avere per creare un contesto capace di attrarre gli investimenti e di consolidare quelli esistenti. Sotto questo profilo, il credito di imposta è un primo fondamentale passo che – ha concluso de Cicco – auspichiamo sia presto seguito da altri”.
Gli interrogativi emersi nel corso dell’incontro di Roma sono stati, quindi, numerosi: il modello dovrà essere identico in tutti i contesti ospedalieri? È possibile ipotizzare soluzioni flessibili? E’ possibile l’integrazione con le aziende dell’area vasta per la definizione di percorsi comuni? Infine, è possibile l’integrazione all’interno della stessa Azienda tra strutture operative diverse?
Per rispondere a questi interrogativi, la Società Italiana di Neurologia ha avanzato alcune proposte:
• Migliorare l’organizzazione delle strutture creando reti strettamente collegate e coordinate, dove gli stessi livelli di diagnosi e cura possano essere erogati a tutti i cittadini, indipendentemente dalla regione o dall’area geografica di appartenenza (es. rete per le stroke units, rete per malattie neurodegenerative o rete per le malattie neurologiche rare);
• Implementare i collegamenti di area vasta ed i collegamenti all’interno della stessa struttura
• Implementare e meglio coordinare la ricerca scientifica nei vari settori di punta, collegandola alla ricerca internazionale ed europea. La genetica e le neuro immagini rappresentano alcuni dei settori strategici in cui investire risorse umane altamente qualificate, che potranno favorire una migliore comprensione della complessa struttura del sistema nervoso, delle sue funzioni e delle alterazioni patologiche e che consentiranno di implementare le varie prospettive terapeutiche.
• Adeguare la formazione per creare un nuovo neurologo, cosciente della situazione congiunturale che attraversiamo, che sappia coordinare meglio clinica e ricerca e che affronti con curiosità e capacità le rapide mutazioni del sistema.
• Implementare le strutture assistenziali di neuro riabilitazione, da quella motoria a quella cognitiva, riempiendo tali realtà non solo di procedure assistenziali ma di approcci validati scientificamente
• Migliorare il rapporto tra neurologi e pazienti ed, in particolare, con le loro associazioni.
La Società Italiana di Neurologia conta tra i suoi soci più di 3000 specialisti neurologi ed ha lo scopo istituzionale di promuovere in Italia gli studi neurologici, finalizzati allo sviluppo della ricerca scientifica, alla formazione, all’aggiornamento degli specialisti e al miglioramento della qualità professionale nell’assistenza alle persone con malattie del sistema nervoso.