È Pietro Rossi il garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale nominato dal Consiglio regionale con 59 voti favorevoli su 63 presenti, 2 schede bianche e 2 voti espressi invece, nei confronti di un altro candidato. Una figura alla quale viene affidata la protezione e la tutela non giurisdizionale dei diritti delle persone presenti negli istituti penitenziari, negli istituti penali per minori, nei centri di prima accoglienza e nei centri di assistenza di assistenza temporanea per stranieri, nelle strutture sanitarie in quanto sottoposti al trattamento sanitario obbligatorio. Nel quadro nazionale allo stato attuale l’istituzione del Garante è avvenuta in poche città e nelle Regioni Lazio e Sicilia. Inoltre è all’esame della Camera un progetto di legge per l’istituzione di un Garante nazionale. Quindi la Puglia arriva terza rispetto alla nomina di questa figura di garanzia. Non sarà un compito facile quello del garante dei detenuti. Secondo i dati del ministero a fine 2010 erano costretti nelle galere 67.961, a fronte di una capienza regolamentare di 45.022 posti. In pratica circa 150 persone devono dividersi lo spazio previsto per 100. La Puglia rispetto ai dati non se la passa meglio, anzi non se la passano meglio i detenuti nelle carceri pugliesi. Sono 4449 le persone trattenute nei penitenziari, 2000 oltre la capienza naturale secondo i dati di marzo, 600 in più della soglia di tollerabilità. Tra il 2010 e il 2011 sono circa una dozzina i detenuti che hanno scelto il suicidio come forma di libertà. Se poi si analizza ogni singolo carcere, scendendo nel dettaglio, la situazione diventa ancor più drammatica. Lecce per esempio è un caso di emergenza vera e propria: 1600 detenuti ammassati in spazi che a norma di regolamento potrebbero ospitare solo 600 persone. In dodici metri quadrati sono sistemati 3 detenuti in un letto a castello. Ma anche a Foggia le cose non vanno meglio. Il dibattito in aula si è svolto con un unico comune denominatore: l’assoluta condanna delle modalità con le quali si svolge la pena per le persone costrette alla detenzione. E lo hanno sostenuto tutti al di là dei propri convincimenti politici o delle differenze culturali. Ma “questa giornata importante – così l’ha definita il presidente Vendola – lo è soprattutto perché finalmente ci sarà qualcuno che si occuperà di ciò che c’è dietro le sbarre”. Vendola fa riferimento a tutte le questioni connesse ai disagi di chi è costretto a vivere la condizione del detenuto affrontando non solo la reclusione come pena, ma anche tutto il resto. Dalla carenza strutturale delle carceri, alla mancanza di adeguata assistenza sociosanitaria, alla negazione dell’affettività. Tutti temi sensibili che meritano attenzione. Ma chi sono i detenuti in questo nostro Paese, hanno un volto? Per il presidente Vendola i detenuti in Italia hanno spesso il volto di uno straniero, di un tossicodipendente, di persone rappresentative di un disagio sociale. Non piace a Vendola che “continui a passare l’idea che le complicazioni sociali debbano avere una risposta penale”. Lo stesso grido d’allarme in particolare sul concetto di repressione invece della inclusione sociale, l’ha sollevato in aula anche l’assessore Lorenzo Nicastro, con particolare riferimento agli immigrati, a “coloro che sono venuti in Italia in cerca di accoglienza e si sono scontrati con il muro delle leggi repressive spesso poste in essere con la giustificazione del comune sentire popolare”. Insomma come ha sottolineato il presidente della Commissione sanità, oggi con la nomina del garante per i detenuti, la Puglia è un po’ più civile. E Vendola si augura che questo sia solo il primo passo verso una prigione dove non siano violati i diritti civili e la nostra Costituzione.