Nelle sale dei musei San Domenico a Forlì, fino al 21 giugno, una esaustiva rassegna consacra il mito di Canova con un originale percorso espositivo, che mette a confronto le creazioni dell’artista con capolavori della statuaria antica e con le tele di grandi maestri.
Centosessanta opere tra marmi, gessi, bozzetti, dipinti e disegni, con un intrigante gioco di rimandi tra scultura e pittura, permettono di tracciare un esaustivo panorama della produzione del Canova, idolatrato in vita per aver saputo rievocare la siderale abilità di Fidia e Prassitele, influenzando tutta la cultura artistica dell’Ottocento, poi oscurato durante il Romanticismo, che giudicò la sua arte retorica e gelidamente accademica, ritornando poi prepotentemente in auge, grazie ad una conversione nel giudizio della critica, la quale, cancellato il severo parere negativo espresso nel ’45 da Longhi, ha segnato il suo definitivo riconoscimento come latore di una lezione fondamentale nella storia dell’arte universale.
Nacque a Possagno nel 1757 e visse a lungo a Roma, dove, giunto ventiduenne, amò risiedere, rifiutando le allettanti offerte di regnanti ed imperatori che lo volevano presso le proprie corti. Fu spesso a Napoli, dove la scoperta di Pompei ed Ercolano aveva suscito grande interesse ed attirato numerosi visitatori da tutta l’Europa ed a Londra davanti alle metope di Fidia trafugate da lord Elgin che rappresentarono il vero incontro con la capacità di plasmare il duro e freddo marmo.
Alcune sue opere giovanili tradiscono accenti blandamente declamatori o imploranti da melodramma metastasiano, ma rapidamente seppe infondere alla materia la vita, dando alle sue sculture l’illusione della carne ed il palpitante impeto dell’energia.
Fu impareggiabile nel rendere in egual misura la leggiadra bellezza di un corpo femminile e la possanza di un giovane dio, riuscendo a trasfondere nel marmo i sogni e le passioni degli uomini. Fu il primo ad introdurre la rappresentazione del movimento e le sue creature vibrano con un sottile equilibrio dinamico, soprattutto le sue celebri danzatrici, un tema prediletto che contagiò numerosi artisti contemporanei, tra cui lo stesso Hayez.
La rassegna procede per temi ed accostamenti e rifulge tra tutte la stanza dedicata ad Ebe, dove l’opera creata a Forlì per la contessa Guarini, tra i gioielli permanenti dei musei San Domenico, si confronta con l’esemplare proveniente dall’Ermitage, appartenuto all’imperatrice Giuseppina, sotto lo sguardo severo del Mercurio alato del Giambologna, uno dei capolavori della scultura rinascimentale. La Ebe forlivese, dal corpo esile e dai seni acerbi si libra leggera ed emana potente quell’afrore fresco ed accattivante dell’età virginale.
L’Amore e Psiche, proveniente dall’Ermitage, è in compagnia di numerose tele sullo stesso tema di pittori più o meno noti, da Hayez ed Angelica Kauffmann a Felice Giani, indefesso diffusore del neoclassicismo in Emilia e Romagna.
Le Tre Grazie affascinano lo sguardo dello spettatore che non può guardarle a lungo senza desiderarle.
La Maddalena penitente, anche essa prestata dal museo russo, si accompagna alle steli ed ai bassorilievi con la Morte e compianto di Socrate ad indagare la vasta committenza dell’artista nel campo della scultura funebre, mentre la Danzatrice con le mani sui fianchi si confronta con l’analoga iconografia che affascinò Hayez e con le tempere canoviane di Bassano, restaurate di recente e restituite all’antico splendore.
Altri straordinari prestiti sono i colossali pugilatori dei musei vaticani e la Venere italica di palazzo Pitti, ritenuta dal Foscolo splendida donna oltre che dea, al punto da baciarne appassionatamente, non visto le candide labbra.
I curatori della mostra hanno recuperato anche diversi inediti tra i quali spicca una sconosciuta versione del busto di Cimarosa leggermente diversa da quella conservata nei musei capitolini. Il compositore napoletano era molto ammirato dal Canova, il quale apprezzava la sua capacità di aver riversato negli spartiti musicali l’ansia di libertà levatasi nella Napoli del 1799.
Canova seppe regalare al mondo intero la consolazione della bellezza e fu osannato in tutto il mondo da Roma a San Pietroburgo, dagli Stati Uniti a Londra e Parigi, fu trascinato da una passione irrefrenabile, che lo induceva spesso a scolpire per tutta la notte; recepì l’immortale lezione dell’antico e ne seppe rinverdire gloria e prodigi di abilità tecnica.
 
 
Achille della Ragione

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